La marea di acqua e fango che ha distrutto una famiglia e i 260 millimetri di pioggia che in due ore hanno sepolto mezza Livorno sono arrivati dopo che la protezione civile aveva diramato un'allerta meteo arancione.
Una sottovalutazione del rischio? Non la pensa così Nicola Casagli, professore di Geologia applicata all'Università di Firenze: "Non ne farei una questione di colori. Se andiamo a vedere cosa significano codice arancio e rosso si scopre che la differenza si gioca sull'intensità dell'evento in termini spaziali e non tanto sulla violenza delle precipitazioni. Allerta arancio significa che si prevedono fenomeni più intensi del normale, pericolosi per cose e persone. Quindi tutto era previsto, così come esisteva un buon piano della protezione civile adottato da Livorno già dal 2011".
Questo vuol dire che se fosse stata data l'allerta rossa non sarebbe cambiato niente?
"Io credo che sarebbe successa la stessa cosa. Purtroppo il punto è che dare l'allerta, per quanto fondamentale, non rappresenta la soluzione a questo tipo di problemi. Una volta che c'è l'allerta rossa cosa si può fare: mettere le persone in condizione di andare via di casa? Quello che invece serve di fronte a un abuso sconsiderato del territorio che ha raggiunto il suo apice negli anni del boom economico, è un grosso piano nazionale con risorse e pianificazioni importanti".
In Toscana su quali fronti ci sarebbe da agire?
"Parliamo di decine di migliaia di situazioni a rischio: dai corsi d'acqua tombati, ai versanti instabili sui quali si è continuato a costruire. Senza contare le case fatte nascere lungo argini non adeguati a reggere piene importanti e tra l'altro mai più monitorati. Anche quello che è accaduto alla famiglia di Livorno dipende in larga parte da questo. Il 'tombinamento' del fiume è stato fatto negli anni Ottanta, prima che arrivasse la legge regionale che in qualche modo ha disciplinato la materia. Se io prendo un corso d'acqua e lo strizzo in un tubo, devo considerare il diametro di quel tubo e non posso basare tutto sulla speranza che non si presenti un evento climatico eccezionale".
Quindi i cambiamenti climatici c'entrano poco...
"Non possiamo continuare a raccontarci che il problema del dissesto idrogeologico è il clima che è diventato più cattivo. È l'urbanizzazione del territorio fatta senza nessun criterio scientifico il vero nodo. Prendiamo uno dei luoghi colpiti domenica dall'alluvione: se una località si chiama Stagno, se i pisani ci fecero il porto quando erano Repubblica Marinara, se poi il porto è sparito perché sepolto dalle alluvioni, se dopo la zona è diventata una grande area industriale, se oggi va sott'acqua di nuovo, non diamo la colpa ai cambiamenti climatici".
Dobbiamo quindi rassegnarci a scontare gli errori del passato?
"Purtroppo il danno che è stato fatto continueremo a portarlo dietro, ma quel che si potrebbe fare è cominciare ad agire sulle singole situazioni correggendo quel che non va bene. Penso anche a una maggiore partecipazione dei cittadini che potrebbero diventare guardiani
e presidio vivente per il territorio. Esiste il 'sisma bonus'che permette di detrarre fino all'85% di tutte le spese che un cittadino può fare per migliorare la sicurezza sismica della propria casa. Perché allora non prevedere anche un 'geo-bonus'che combatta il dissesto idrogeologico? Non aspettiamo che siano solo le istituzioni a venire a controllare se la nostra casa è costruita su un torrente o non è in sicurezza ".
12-sett-2017
fonte: firenze.repubblica.it