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- Rischio Geologico -
Scopri il progetto in cui ha partecipato la Dott. Geologa Thalita Sodi.

Le caratteristiche geografiche e geomorfologiche che hanno favorito sin da epoca remota l’insediamento antropico nella pianura alluvionale dell’Arno hanno esposto nei secoli le popolazioni a eventi alluvionali anche particolarmente severi, il cui impatto è stato spesso conseguenza delle trasformazioni apportate all’alveo fluviale e a un maggior grado di esposizione degli elementi a rischio, in conseguenza anche dell’aumento della densità di popolazione.

L’alluvione che nel novembre del 1966 ha colpito la città di Firenze oltre ad aver avuto un impatto locale rilevante ha contribuito a un’evoluzione dell’approccio da parte della società civile agli eventi meteorologici per così dire “straordinari”. D'altronde la grande risonanza mediatica che ha avuto l’evento del 1966 è dovuta al

ruolo centrale che Firenze ricopre a livello mondiale in materia di cultura e patrimonio storico-artistico e monumentale. L’alluvione fiorentina ha contribuito ad una maggiore consapevolezza a livello internazionale dei possibili effetti correlati alla severità di un evento idraulico.

Nell’APPENDICE B sono visibili le carte guida delle aree allagate basandosi sugli eventi alluvionali occorsi dal 1966 al 1999, dalle quali emerge ancor più chiaramente la genesi della pianura occupata dalla città.

Questa predisposizione della città di Firenze e del suo territorio alle alluvioni è deducibile, non solo da documenti di archivio, dalla cartografia storica e recente e dalla letteratura geologica, ma anche da osservazioni topografiche e toponomastiche e dalla memoria storica ancora documentata lungo le vie del centro storico fiorentino. Ad esempio accanto alle colonne della Chiesa di San Jacopo (quartiere Oltrarno) sono segnate con delle tacche le altezze che l’acqua ha raggiunto con specificato l’anno in cui è avvenuta l’inondazione. Proprio grazie a questa documentazione distribuita nel tessuto urbano è possibile stimare in modo speditivo l’altezza raggiunta dall’esondazione del 1966 (circa 4,5m misurata in via Giuseppe Verdi all’altezza di Santa Croce) che è ad oggi considerata la più severa del XX secolo.

L’alluvione non interessò solamente la città di Firenze ma anche tutto il bacino dell’Arno, sia a monte che a valle della città, come è possibile notare dalla Figura 6. Le precipitazioni più intense si sono sviluppate nel Casentino e nell’alto Valdarno dove le precipitazioni si sono mantenute al di sopra dei 200 mm, mentre nella stazione pluviometrica di Badia Agnano sono stati registrati 437 mm di pioggia, uno dei valori più elevati registrati in quell’evento.

Grazie a questi dati e ai rilievi manuali della sezione liquida e della pendenza del profilo è stato possibile applicare la Formula di Chezy:

(Eq. E)

dove Q è la portata, S è la pendenza misurata manualmente come il raggio idraulico (R) e la pendenza (p) mentre C è il coefficiente di scabrezza cioè un coefficiente dipendente dalla rugosità del fondo. Per l’evento del novembre 1966 C fu calcolato con la formula di Kutter:

C= 100/1+ (m/√R) (Eq. F)

Grazie a queste formule è stato possibile stimare che sotto le arcate di Ponte

Vecchio per evitare l’esondazione del fiume sarebbero dovuti passare tra i 4.000 ed i 4.200 m3/s, mentre la portata massima in grado all’epoca di attraversare tale sezione era pari a 2.500 m3/s.

Figura 5: Veduta di Firenze da Piazzale Michelangelo all’alba del 4 novembre 1966 . (fonte: AIQUA e EMMEVI)

Le precipitazioni in meno di 24 ore fecero cadere nel bacino dell’Arno circa

1900 mm, un valore ben superiore alle medie stagionali, considerando che nell’area fiorentina la precipitazione media annua è di circa 900 mm (De Chiara, 2003). Questo lo si può notare ancor più nel particolare nell’idrogramma di Nave a Rovezzano (Figura 7).

Successivamente a questo evento, (sulla base dei dati e delle annotazioni contenute nei documenti dell’Autorità di Bacino del Fiume Arno, sono state prese misure di prevenzione agendo sulle arcate dei ponti Santa Trinità e Ponte Vecchio. In quest’ultimo caso sono state abbassate le platee in modo da ampliare la sezione fina ad una portata di circa 3.300 m3/s.

Sono state alzate le spallette nei tratti dell’alveo fiorentino più critici e sono state costruite casse d’espansione su alcuni affluenti dell’Arno, mentre le opere sul ramo principale sono ancora in via di progettazione e appalto.

Inoltre l’evento alluvionale del 1966 è stato uno dei precursori per la nascita dell’Autorità di bacino del fiume Arno nato nel 1990 con il compito di sviluppare i piani di bacino articolati per stralci. Il primo stralcio redatto dal Segretario generale dell’Autorità di Bacino del fiume Serchio Raffaello Nardi, non fu attuato in quanto prevedeva troppi vincoli per il territorio e risultò al tempo troppo dispendioso.

In un secondo momento il Prof. Giovanni Menduni successore di Nardi ha provveduto all’approvazione del PAI (Piano Assetto Idrogeologico) che sostanzialmente riprendeva in alcune sue parti le proposte di Nardi tranne che per la differenza sostanziale nell’aspetto economico in quanto quest’ultimo piano ha ottimizzato le risorse economiche aiutando l’accordo tra Stato e Regione per il finanziamento degli interventi in ordine di priorità.

Un ulteriore intervento rilevante è stato la messa in opera dell’invaso del Bilancino che oltre a fornire una maggior portata all’acquedotto fiorentino sostenendo il minimo deflusso vitale del fiume opera sulla mitigazione delle piene del Fiume Sieve sfavorendo le piene dell’Arno.

Figura 6: Mappa delle aree inondate nel bacino dell’Arno durante l’evento alluvionale del 1966 (fonte: Autorità di Bacino, 2008).

Figura 7: Idrogrammi del Bacino dell’Arno nei giorni dal 4 al 5 novembre 1966 (fonte: Autorità di Bacino)