Il rischio geologico secondo la definizione di David J. Varnes del 1984 è l’entità del danno atteso in una data area e in un certo intervallo di tempo in seguito al verificarsi di un particolare evento calamitoso.
In termini formali il rischio è espresso con la seguente equazione:
(Eq. A)
nota come Equazione del Rischio che mette in relazione la pericolosità (H)
calcolata sulle caratteristiche del territorio, la vulnerabilità (V) e l’esposizione (E).
La pericolosità (H, Hazard) indica la probabilità che un evento con intervallo di intensità noto occorra in una determinata area ed entro un certo intervallo di tempo quale, ad esempio, il tempo di ritorno (tempo medio di attesa tra il verificarsi di due eventi di simili caratteristiche o, in altre parole, il grado di rarità di un evento).
Trattandosi di una probabilità, H è un numero puro, variabile nell'intervallo da 0 a 1, ed è direttamente proporzionale all’intensità dell’evento (I), ovvero la severità geometrica o meccanica del fenomeno potenzialmente distruttivo.
La vulnerabilità (V, Vulnerability) è il grado di perdita prodotto su un elemento o un insieme di elementi esposti all’evento calamitoso, e può essere anche descritta come la capacità della popolazione, dei servizi, delle infrastrutture e degli edifici di tollerare gli effetti provocati dal fenomeno. V dipende dalle caratteristiche dell’elemento considerato (E) e non dal suo valore economico o dall’intensità del fenomeno, e si esprime con un numero puro che varia da 0 a 1 (o con un valore percentuale da 0% a 100%) rispettivamente in caso di nulla o totale perdita del bene esposto.
L’esposizione (E, Exposure) indica il valore degli elementi a rischio e viene espressa o con il valore delle risorse naturali ed artificiali esposte ad un determinato pericolo e/o con il numero di vite umane presenti nell’area a rischio. Spesso tale parametrizzazione è calcolata escludendo dal valore la popolazione a rischio in quanto quest’ultima non è spesso univocamente quantificabile.
Quest’analisi mostra come il rischio (R) possa essere mitigato agendo sia sul fenomeno sia sul territorio. È fondamentale conoscere il più precisamente possibile.
le caratteristiche dell’evento, le cause, le dinamiche e il rischio potenziale in modo da ipotizzare uno scenario realtà attendibile e realistico.
Disporre di modelli previsionali affidabili è presupposto per un’efficace azione su uno o più dei parametri che compongono l’equazione del rischio (Eq. A), a fini di mitigazione e prevenzione dei danni attesi. Fra le metodologie di intervento attualmente in uso spesso è preferibile agire sulla vulnerabilità. Ad esempio, nel caso del rischio idraulico, arginature dei fiumi e opere di drenaggio rappresentano interventi diretti di manutenzione delle infrastrutture antropiche e delle forme del territorio, mentre l’adozione delle più moderne tecniche costruttive antisismiche nell’edilizia storica e in quella di nuova edificazione è esempio di pratiche consapevoli di gestione del costruito per ridurne la suscettibilità al danno da eventi sismici. In altri casi è invece più economico e fattibile agire sull’esposizione, mediante dislocazione e ricollocazione degli elementi a rischio laddove possibile, ed evacuazione della popolazione a rischio, finanche allo spostamento permanente degli insediamenti e delle aree residenziali e produttive
I fattori di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione spesso presentano problemi di parametrizzazione in quanto sono dipendenti da numerose variabili. In tal caso si può ricorrere a sintesi parziali delle informazioni quali ad esempio il rischio specifico (Rs ) ed il danno potenziale (D).
Il rischio specifico è il grado di perdita atteso quale conseguenza di un particolare fenomeno naturale e viene espresso come:
(Eq. B)
dove H e V sono la pericolosità e la vulnerabilità appena descritte.
Il danno potenziale indica l’entità presumibile delle perdite intese sia come danni materiali agli edifici, ai servizi e al sistema produttivo sia come perdite di vite umane. Tale parametro è il risultato della seguente equazione:
(Eq. C)
dove V è la vulnerabilità in funzione dell’intensità e dell’esposizione e W indica il valore economico cioè il valore o numero di unità esposte relative ad ognuno degli elementi a rischio in una data area (Canuti & Casagli 1996; Canuti et al., 1999).